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  • Immagine del redattoreMaurizio Baratello

IL DECRETO 11/2023 DI MULTIFORME INGEGNO CHE AGGRAVA I PROBLEMI AFFOSSANDO IMPRESE E FAMIGLIE.

Troppe situazioni avulse dalla realtà emergono quotidianamente dalle scelte bislacche di enti, istituti e governance verso situazioni che lasciano polvere e caos economico-finanziario. L’ultimo è il decreto legge 11/2023 che ha sollevato enormi contraddizioni e lasciato un terreno di contestazioni e perplessità sulla scelta di assumere simile provvedimento. Le difficoltà e le contestazioni sollevate da enti locali, associazioni di categoria, imprese e famiglie, rappresenta una quadro emblematico di ciò che potrebbe accadere se tale scelta governativa dovesse rimanere intonsa.


Il 110% è stata una scelta sbagliata al pari di tutti i bonus ma ciò non toglie che una volta assunta possa essere perfezionata ma mai bloccata. Costruire un provvedimento e dopo due anni di attività e/o applicazione bloccarlo tout court lasciando al loro destino imprese e famiglie, mi sembra un azzardo sulla pelle della gente e del tessuto produttivo del paese. Prima sostenevo la mia contrarietà a simili provvedimenti perché non è così che si muove l’economia ma esclusivamente con i lavori pubblici (Keynes docet). È sicuramente non saremmo qui a ragionare sull’enormità di crediti fiscali in itinere. Ma ciò è il presente di un passato recente fatto di scelte al pari di altre che in questi giorni sono state raggiunte da due infrazioni comunitarie. Quando si costruiscono i provvedimenti si deve sapere a priori l’andata e il ritorno, gli effetti economici in termini di peso statale, che sia fiscale o di altra natura, per non incrementare la nostra posizione di debito. Attraverso l’attuazione di una sana politica di lavori pubblici non saremmo qui a trattare un argomento che deve essere assoluta-mente risolto pena la purulenza di una buona parte dell’economia nazionale.

Il governo ha studiato il decreto per correggere le norme sulle cessioni dei crediti prevedendo, in prima battuta, che è anche la più clamorosa, il blocco di tutte le cessioni dei bonus fiscali disattivando di fatto quanto previsto dall’art. 121 del decreto rilancio, fatto salvo gli interventi già avviati.

Il secondo aspetto riguarda il blocco delle operazioni di acquisto di crediti da parte di Regioni e altri enti pubblici con un divieto secco per Comuni, Province e Regioni e tutti gli enti che rientrano nel cosiddetto “perimetro della Pa” di acquistare crediti fiscali legati a lavori di ristrutturazione e solo per sporadici casi considerarle operazioni da contabilizzare come indebitamento. E’ evidente che una simile stretta porta riconsiderare leggi di stabilità regionali o enti locali che avevano approvato norme sull’acquisto dei crediti.

Il terzo filone, come riporta Il Sole 24 Ore, interviene “sullo sconto in fattura riprendendo la circolare n. 33/E di ottobre dell’agenzia delle Entrate, limitando la responsabilità del fornitore che ha applicato lo sconto in fattura e dei cessionari dei crediti. Viene escluso che questi soggetti abbiano avuto una condotta negligente quando abbiano acquisito una serie di documenti: titoli edilizi, notifica alla Asl, prove foto e video dell’esecuzione dei lavori, visure catastali, visti, asseverazioni. Questa esclusione riguarda anche i correntisti che comprano dalle banche”.

L’aspetto che viene rilevato dallo stesso ministro Giorgetti e dal suo Vice Leo riguarda l’entità del credito maturato e maturando di 110 miliardi. E’ indubbio che trattasi di un credito molto importante ma mi chiedo se i governanti che hanno proposto e poi approvato queste leggi sapessero a priori il risultato oggi oggetto di contestazione, sarebbe stato importante magari per fare scelte anche di natura politica diverse perché è indubbio che le misure adottate con il DL 11/2023 sono improvvide e affondano imprese e famiglie.

Ma Giorgetti insiste e lancia quale unica via percorribile il credito d’imposta adducendo che il decreto ha un duplice obiettivo: “cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mettere in sicurezza i conti pubblici”. E mentre le banche attraverso l’Abi asseriscono che il decreto fornisce un chiarimento e un utile contributo per la maggiore certezza giuridica delle cessioni dei crediti e contribuisce a riattivare le compravendite di tali crediti di imposta, Abi e Ance giudicano positivamente le indicazioni fornite dal decreto sul Superbonus, in particolare sulla riconsiderazione della cessione dei crediti ma invitano ad una «misura tempestiva» che consenta «immediatamente alle banche di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, compensandoli con i crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese e acquisiti dalle banche». Resta inteso, sottolineano, che i tempi del riavvio di tali compravendite sono inconciliabili con la contrattura finanziaria delle tante imprese dovuta ai crediti fiscali incagliati.

Restano evidenti le critiche copiose delle forze politiche di opposizione ma anche di maggioranza oltre a quelle delle organizzazioni sindacali delle categorie e dei lavoratori tant’è che il governo ha convocato per le ore 17:30 di lunedì 20 febbraio per modificare il decreto e trovare dei punti d’incontro solutivi ma condivisi.

Personalmente sono convinto che l’economia si sviluppa esclusivamente mediante interventi pubblici sui lavori, una sana politica economica keynesiana che avrebbe evitato le storture e le contraddizioni insite nell’art. 121 del decreto rilancio sul 110% e che avrebbe evitato speculazioni e ingerenza di criminalità organizzata tanto evidenziata quanto contestata ma mai combattuta effettivamente anche durante il riaggiornamento delle norme.

Ora, dopo aver generato una simile situazione, rimane obbligatorio affrontare il problema di petto, senza tentennamenti, per dare una immediata risposta alle aziende e alle famiglie coinvolte in queste misure giuridiche e fiscali che non condivido.

Non si può pensare di continuare con la politica dei bonus perché il nostro Paese ha bisogno di interventi strutturali e parzialità annuali.

In Italia superiamo i 146 miliardi tra deduzioni e detrazioni fiscali con oltre 500 ammennicoli di vario tipo e varia natura.

La riforma fiscale passa per il riordino di questo gettito e non può più essere rinviata.


Venezia, lì 18 febbraio 2023

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